DI RITORNO da GAZA
E' TEMPO di RICOSTRUIRE
(per NON TORNARE PIU' a DISTRUGGERE)
Una parte della delegazione italiana composta da operatori sanitari, operatori umanitari, rappresentanti dei Comuni e giornalisti è rientrata ieri da una missione umanitaria nella Striscia di Gaza. Il primo esito positivo ottenuto dalla presenza di due enti locali, il Comune di Monterotondo e il Comune di Rimini è che con molta probabilità sarà organizzata una missione più ampia di amministratori locali entro la fine di febbraio.
I 13 italiani , coordinati da Meri Calvelli responsabile dei progetti di emergenza della ONG Crocevia, hanno visitato gli ospedali di Al Awda, Shifa e Al Quds, dove nei giorni degli attacchi aerei e di terra sono stati ricoverati più di 5000 feriti.
Il personale sanitario delle strutture ospedaliere della Striscia di Gaza ha innanzitutto evidenziato la carenza di apparecchiature mediche (una sola struttura ha la strumentazione per la TAC, un'altra per le endoscopie) necessarie ad una corretta diagnosi e ha raccomandato un maggiore coordinamento a livello internazionale degli aiuti sanitari.
Gli effetti dei 22 giorni di attacchi dell'artiglieria aerea, e poi anche di terra, non si misurano soltanto in termini di edifici distrutti, macerie, feriti e morti; il prolungato stato di totale insicurezza e minaccia alla propria vita che hanno sperimentato tutti i cittadini di Gaza ha lasciato tracce profonde. Insonnia, stress post-traumatico, attacchi di panico e isteria, sono i sintomi che il Gaza Mental Health Program ha rilevato con allarmante frequenza nei primi interventi sul territorio.
I 13 italiani , coordinati da Meri Calvelli responsabile dei progetti di emergenza della ONG Crocevia, hanno visitato gli ospedali di Al Awda, Shifa e Al Quds, dove nei giorni degli attacchi aerei e di terra sono stati ricoverati più di 5000 feriti.
Il personale sanitario delle strutture ospedaliere della Striscia di Gaza ha innanzitutto evidenziato la carenza di apparecchiature mediche (una sola struttura ha la strumentazione per la TAC, un'altra per le endoscopie) necessarie ad una corretta diagnosi e ha raccomandato un maggiore coordinamento a livello internazionale degli aiuti sanitari.
Gli effetti dei 22 giorni di attacchi dell'artiglieria aerea, e poi anche di terra, non si misurano soltanto in termini di edifici distrutti, macerie, feriti e morti; il prolungato stato di totale insicurezza e minaccia alla propria vita che hanno sperimentato tutti i cittadini di Gaza ha lasciato tracce profonde. Insonnia, stress post-traumatico, attacchi di panico e isteria, sono i sintomi che il Gaza Mental Health Program ha rilevato con allarmante frequenza nei primi interventi sul territorio.
Lunedì 2 febbraio una parte della delegazione ha visitato una scuola elementare di Jabaliya, i disegni dei bambini rappresentano unicamente aerei che sganciano bombe, missili, carri armati. Poco prima delle 11,20 orario di uscita del primo turno della mattina, due violente esplosioni hanno fatto tremare la struttura scolastica, le maestre hanno lasciato uscire tutti i bambini per farli tornare a casa. Molti sono scoppiati a piangere, a urlare. Il giorno prima, la delegazione aveva visitato il centro culturale Al-Asriya sempre a Jabaliya, cittadina a Nord di Gaza City che come Rafah sul confine sud, è stata pesantemente attaccata. Le bambine hanno improvvisato un rap che dice noi bambini palestinesi abbiamo diritto di giocare e di uscire per strada senza aver paura dei saurak (missili).
Più che di aiuti umanitari Gaza e la Palestina hanno bisogno di pace, di piantare alberi da frutto e non vederli sradicare di nuovo dai tank israeliani, di raccogliere i frutti della terra, di pescare nelle acque territoriali senza essere bersagliati dal fuoco di proiettili o missili. La troupe dei giornalisti di Peace-Reporter e due inviati di Rai3 hanno documentato questo tipo di reazione dei soldati israeliani nella provincia di Khan Younis.
Più che di aiuti umanitari Gaza e la Palestina hanno bisogno di pace, di piantare alberi da frutto e non vederli sradicare di nuovo dai tank israeliani, di raccogliere i frutti della terra, di pescare nelle acque territoriali senza essere bersagliati dal fuoco di proiettili o missili. La troupe dei giornalisti di Peace-Reporter e due inviati di Rai3 hanno documentato questo tipo di reazione dei soldati israeliani nella provincia di Khan Younis.
Martedì 3 febbraio hanno accompagnato alcuni contadini a raccogliere il prezzemolo nei loro campi a ridosso dei 100 metri dalla linea di confine, sono stati intimiditi con raffiche di mitra sparate prima a 10 metri dai loro corpi e poi a meno di 2 dai soldati israeliani posizionati al di là del confine..
Molte sedi istituzionali della Striscia di Gaza sono state distrutte; la cooperazione internazionale si farà carico della loro ricostruzione come tante volte è già accaduto in passato nella West Bank e nella Striscia di Gaza. Così è stato per la centrale elettrica (che funziona a carburante consumando 160.000 litri al giorno quando non è a pieno regime) bombardata lo scorso anno, per le linee degli elettrodotti, per le discariche, per le strade, acquedotti, persino per i cimiteri.
Secondo dati della Banca Mondiale del 2005 i Territori Palestinesi sono il primo destinatario degli aiuti internazionali, milioni di dollari ed euro che se fossero consegnati direttamente alla popolazione renderebbero i cittadini palestinesi ricchi o quantomeno tutti benestanti.
La comunità internazionale ha finora consentito e finanziato il ciclo di distruzione e ricostruzione. Per restituire il diritto al futuro alla popolazione civile di Gaza è tempo di intervenire con la necessaria determinazione per interromperlo. Far rispettare il diritto internazionale e i diritti umani, profondamente violati in questo conflitto e solo due mesi fa celebrati pomposamente nel 60° anniversario della Dichiarazione Universale delle Nazioni Unite.
Molte sedi istituzionali della Striscia di Gaza sono state distrutte; la cooperazione internazionale si farà carico della loro ricostruzione come tante volte è già accaduto in passato nella West Bank e nella Striscia di Gaza. Così è stato per la centrale elettrica (che funziona a carburante consumando 160.000 litri al giorno quando non è a pieno regime) bombardata lo scorso anno, per le linee degli elettrodotti, per le discariche, per le strade, acquedotti, persino per i cimiteri.
Secondo dati della Banca Mondiale del 2005 i Territori Palestinesi sono il primo destinatario degli aiuti internazionali, milioni di dollari ed euro che se fossero consegnati direttamente alla popolazione renderebbero i cittadini palestinesi ricchi o quantomeno tutti benestanti.
La comunità internazionale ha finora consentito e finanziato il ciclo di distruzione e ricostruzione. Per restituire il diritto al futuro alla popolazione civile di Gaza è tempo di intervenire con la necessaria determinazione per interromperlo. Far rispettare il diritto internazionale e i diritti umani, profondamente violati in questo conflitto e solo due mesi fa celebrati pomposamente nel 60° anniversario della Dichiarazione Universale delle Nazioni Unite.
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